Massima:
Cassazione Penale, Sez. V, 16 giugno 2021 (u.p. 7 maggio 2021), n. 23690 – Pres. Pezzullo – Rel. Riccardi – P.M. Orsi (conf.) – Ric. P.M.
Con riferimento alla falsa attestazione di revisione, il proprietario del veicolo risponde di concorso in falsità ideologica in atto pubblico se abbia istigato il proprietario, amministratore o collaboratore di un’officina autorizzata alla revisione ad attestare falsamente sul libretto di circolazione l’avvenuta revisione, dando atto che sono state compiute, con esito positivo, tutte le operazioni all’uopo necessarie; ovvero di falsità materiale in certificato amministrativo, se abbia autonomamente contraffatto l’attestazione di avvenuta revisione.
Nota:
Nel confermare la condanna a carico del proprietario di un veicolo per il reato di cui all’art. 489 c.p. (“uso di atto falso”), avendo egli esibito alle forze dell’ordine un falso attestato di revisione relativo alla vettura, la Corte di Cassazione precisa la distinzione tra la natura fidefacente della carta di circolazione e quella meramente certificatoria delle etichette di revisione in essa riportate, delineando le relative implicazioni sulle responsabilità del proprietario e del pubblico ufficiale redigente.
In primo luogo la Corte respinge la tesi difensiva volta ad escludere la configurabilità del reato di utilizzo di atto falso, sul presupposto che, nel caso di specie, ad essere oggetto di falsificazione non fosse un atto pubblico, presupposto del delitto previsto e punito dall’art. 489 c.p., bensì un mero certificato amministrativo, nella fattispecie costituito dal tagliando di revisione riportato sulla carta di circolazione.
Richiamando un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di contraffazione delle attestazioni inerenti la revisione di motoveicoli ed autoveicoli, la pronuncia in commento pone quindi in evidenza la distinzione tra la condotta del responsabile tecnico della revisione (ossia il titolare, l’amministratore o il collaboratore dell’officina autorizzata) che attesti falsamente sul libretto di circolazione l’avvenuta revisione della vettura ed il comportamento del privato proprietario del veicolo, il quale può sia concorrere nella predetta attività illecita sia consistere nella contraffazione dell’attestazione della revisione, effettuata apponendo direttamente sulla carta di circolazione la relativa (mendace) indicazione.
Nel primo caso la falsità è posta in essere da un soggetto, ossia il responsabile dell’officina, che agisce nell’ambito di un’attività della P.A. disciplinata da norme di diritto pubblico (art. 80, commi 1-16, C.d.S.) ed è dotato di specifici poteri certificativi conferiti dalla legge: senza dubbio egli riveste quindi la qualifica di pubblico ufficiale, potendo perciò essere chiamato a rispondere del delitto falso ideologico in atto pubblico ai sensi dell’art. 479 c.p. (pena della reclusione da tre a dieci anni).
Nel secondo caso, la responsabilità del privato varia non tanto in base alla natura di atto pubblico o certificato amministrativo del tagliando falsificato o contraffatto, bensì a seconda della compartecipazione attiva nell’attività pubblico ufficiale redigente.
A fronte di queste due ipotesi, per il privato sarà dunque alternativamente prospettabile un concorso nel reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale ovvero un autonomo titolo di imputazione costituito dal falso materiale.
L’ipotesi concorsuale sarà ravvisabile ogniqualvolta il proprietario del veicolo istighi il pubblico ufficiale ad attestare falsamente sul libretto di circolazione l’avvenuta revisione, dando atto che sono state compiute tutte le operazioni all’uopo necessarie, con esito positivo quanto alle prove di regolarità delle parti esaminate.
Al contrario, si verserà in un’ipotesi di mero falso documentale qualora il privato, in modo del tutto autonomo, falsifichi l’etichetta di revisione apposta sulla carta di circolazione del motociclo o autoveicolo, che nella fattispecie non assume natura di atto pubblico, ma di mero certificato amministrativo, destinato ad attestare l’esito positivo dell’attività documentata nella pratica di revisione, di cui si limita a riprodurre gli effetti. In quest’ultimo caso il privato potrà dunque essere chiamato a rispondere del delitto di falsità materiale in certificato amministrativo di cui al combinato disposto degli artt. 477 e 482 c.p., norme a cui corrisponde un ben più mite trattamento sanzionatorio (da sei mesi a tre anni reclusione, con la diminuente di un terzo prevista dall’art. 482 c.p.).