Penale

Tutela delle persone offese da reato

Sei vittima di un reato? Fai valere i tuoi diritti!

Grazie all’ascolto e all’attenzione dedicati ad ogni singolo cliente e grazie alla sinergia tra le competenze in ambito e civile e penale, rispettivamente dell’Avv. Bruschetti e dell’Avv. Tantussi, se sei vittima di un reato il nostro Studio è in grado di indicarti le strategie difensive più idonee a garantire la tua tutela.

Molto spesso il sistema processuale italiano in ambito penale è stato criticato per la scarsa attenzione rivolta alla persone offese da reato, a fronte del consistente numero di garanzie previste in favore del “protagonista” del procedimento penale, ossia l’indagato o l’imputato.

Fino a pochi anni fa il nostro ordinamento soffriva infatti la mancanza di norme in grado di assicurare adeguata protezione alle vittime di reati ed ai loro interessi punitivi, ciò che finiva per determinare uno squilibrio con i diritti dell’imputato e della persona sottoposta alle indagini.

Oggi, grazie ad alcuni recenti interventi normativi, sia in ambito europeo1 che a livello interno, la situazione è notevolmente migliorata: chi ritiene di aver subito un reato dispone di vari mezzi per la tutela dei propri diritti, strumenti per i quali spesso è consigliabile, se non imprescindibile la nomina di un difensore di fiducia.

Oltre al diritto di chiedere il risarcimento del danno derivante da reato nell’ambito del processo penale, la persona offesa, fin dalla presentazione della denuncia o querela, può infatti esercitare il diritto di essere informata circa lo stato procedimento, il diritto di parteciparvi, il diritto di presentare memorie e, più in generale, il diritto di intervenire nel procedimento penale stesso, potendo condizionarne l’esito finale per l’imputato-indagato.

Ciò vale sia per le persone fisiche, eventualmente a mezzo del propri genitori-tutori (in caso di minore età) o dei prossimi congiunti e stabili conviventi (in caso di decesso), sia per gli enti c.d. esponenziali, ossia quelle associazioni portatrici di interessi collettivi o diffusi che risultino lesi dal fatto-reato (ad es. enti per la tutela dell’ambiente, associazioni per la protezione degli animali, enti che si propongono di tutelare specifiche categorie di persone ecc.).

1) Direttiva UE n. 2012/29 cui è stata data attuazione con il D. Lgs. n. 212 del 15 dicembre 2015 recante “nuove norme in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime del reato”.

Denuncia e Querela

Sebbene siano spesso impropriamente utilizzati come sinonimi, i termini “denuncia” e “querela” designano due distinte tipologie di atto attraverso cui la Polizia Giudiziaria e la Procura della Repubblica acquisiscono la notizia di un reato e provvedono ad iscrivere il nome della persona denunciata o querelata in un’apposito registro denominato “Registro delle Notizie di Reato”. 

Trattandosi di dichiarazioni nelle quali è contenuta la c.d. notitia criminis, ossia l’informazione circa il compimento di un reato da parte di un soggetto identificato (notizia specifica) ovvero ignoto (notizia generica), la denuncia e la querela sono quindi entrambi atti da cui il procedimento penale può trarre impulso. 

Quali sono allora le loro differenze? 

Denuncia o Querela: Quali Differenze?

  • La denuncia è la dichiarazione con cui qualunque soggetto porta a conoscenza della Polizia Giudiziaria un fatto costituente reato del quale ha avuto notizia. La denuncia si riferisce sempre a reati procedibili d’ufficio, come il furto in abitazione, la rapina, l’abuso d’ufficio ecc. 

    In linea generale la denuncia non è un atto obbligatorio, salve le ipotesi tassativamente previste dalla legge per determinati soggetti, come i pubblici ufficiali, che sono tenuti a denunciare immediatamente all’Autorità giudiziaria gli illeciti penali di cui abbiano notizia, pena la commissione del reato di “omessa denuncia” (art. 361 del Codice Penale).
    Inoltre a differenza della querela, la denuncia può essere presentata anche da persone diverse dalla persona offesa dal reato e senza alcun limite di tempo decorrente dalla commissione del fatto.
    Infine, una volta presentata, la denuncia non può mai essere ritirata: solo la querela è infatti soggetta a remissione.

  • La querela costituisce invece la dichiarazione con la quale la persona offesa dal reato o il suo legale rappresentante richiede che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato non perseguibile d’ufficio (art. 120 del Codice Penale e art. 366 del Codice di Procedura Penale).
     
    Da questa definizione deriva un particolare requisito che vale a distinguere la querela dalla denuncia: dall’atto deve infatti emergere inequivocabilmente la volontà del querelante di perseguire l’autore del fatto (c.d. voluntas puniendi). L’importanza di tale requisito si coglie guardando allo sviluppo successivo del procedimento nei confronti del querelato: la querela costituisce infatti una condizione di procedibilità per tutti quei reati che non sono procedibili d’ufficio, tanto che la sua mancanza o la sua incompletezza comportano il proscioglimento dell’imputato o l’archiviazione del fatto per improcedibilità.

Come anticipato, la legittimazione a proporre querela spetta soltanto alla persona offesa dal reato e non a chiunque come previsto per la denuncia.

Qualora la persona offesa sia un minore o un infermo di mente, tuttavia, il diritto di querela può essere esercitato anche da un rappresentante legale, come il genitore, il tutore o il curatore.

A differenza della denuncia, la querela è poi soggetta ad un limite temporale: essa deve infatti essere proposta entro un termine perentorio decorrente dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto costituente reato, pari a 3 mesi in via generale ed elevato a 6 mesi per alcuni reati specifici (ad. es. violenza sessuale ed atti persecutori)

La persona offesa legittimata a proporre querela, tuttavia, ha la possibilità di rinunciarvi preventivamente o di rimettere la querela precedentemente proposta.

In quest’ultimo caso, qualora la remissione sia accettata dal querelato, essa comporterà automaticamente l’estinzione del reato e di tutte le sue conseguenze penali.

Quanto alle modalità ed alle formalità di proposizione, la querela può essere presentata presso gli uffici della Polizia Giudiziaria (ad es. Questura o Stazione dei Carabinieri) personalmente o tramite un procuratore speciale (ossia un Avvocato), sia per scritto che oralmente. 

A questo punto però la domanda sorge spontanea: perché dovrei pagare un legale per sporgere denuncia-querela se posso farlo autonomamente?

Assistenza di un Avvocato per la presentazione di una denuncia-querela: quali vantaggi?

Perché rivolgersi ad un Avvocato penalista per redigere una denuncia o una querela?

Anche in questo caso, i vantaggi dell’assistenza legale sono molteplici. 

  • Innanzitutto una redazione completa ed in forma tecnica dell’atto può notevolmente incrementare le possibilità che alla notizia di reato segua un’effettiva attività di indagine volta ad identificare il colpevole, acquisire le fonti di prova necessarie e, successivamente, esercitare l’azione penale nei confronti dell’autore del fatto.
  • Nella redazione dell’atto, un buon Avvocato terrà conto di tutte le peculiarità del fatto, riportando la vicenda nei dettagli e ponendo in risalto gli aspetti fondamentali, in modo che dalla lettura della denuncia-querela il Pubblico Ministero possa agevolmente individuare tutte le ipotesi di reato configurabili nel caso di specie;
  • Un buon avvocato avrà cura di allegare alla denuncia-querela tutti i documenti di prova, come foto, video, conversazioni, chiamate, fatture ecc., in modo da rendere l’accusa più credibile;
  • Una volta predisposto l’atto, l’Avvocato provvederà a depositarlo direttamente presso la Procura della Repubblica territorialmente competente, omettendo i tempi di attesa relativi alla trasmissione degli atti dagli uffici delle forze dell’ordine;
  • Nella redazione della denuncia-querela l’Avvocato provvederà ad aggiungere tutte le istanze necessarie al cliente, come ad esempio la volontà di essere informato circa eventuali  richieste del Pubblico Ministero di proroga delle indagini o di archiviazione, in modo che la persona offesa possa tempestivamente decidere se proporre opposizione.  
  • Rivolgersi ad un Avvocato dal momento della denuncia o querela consente infine di seguire la pratica fin dall’inizio, in modo da poter scegliere tutte le possibili strade intraprendere nel futuro sviluppo processuale, senza precluderne alcuna;

Diritti di informativa

Ho presentato una denuncia o una querela, posso avere informazioni circa lo stato del procedimento nei confronti della persona querelata?

La risposta è sì, a certe condizioni.

Al pari della persona sottoposta alle indagini, la persona offesa ha infatti diritto di conoscere le iscrizioni del registro delle notizie di reato che la riguardano.

In particolare, in base alla Legge n. 103 del 2017 (riforma Orlando), una volta decorsi sei mesi dalla data di presentazione della denuncia o della querela, la persona offesa può chiedere di essere informata dall’autorità che ha in carico il procedimento circa lo stato del medesimo, sempre che ciò non comporti un pregiudizio per il segreto investigativo (art. 335 c.p.p. comma 3-ter).

Al di là delle informazioni concernenti lo specifico procedimento in cui ha presentato denuncia o querela, a partire dal primo contatto con l’autorità procedente la persona offesa ha poi diritto di ricevere una serie di informazioni circa i propri diritti e le proprie facoltà: il contenuto di tali informazioni generali è specificato dall’elenco art. 90-bis c.p.p.

Opposizione alla richiesta di archiviazione

Ho subito un furto e presentato regolarmente querela ma, trascorsi alcuni mesi, ho ricevuto un avviso della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero per quel determinato fatto. Se il giudice decide di accogliere la richiesta, il fatto verrà archiviato e la persona querelata resterà impunita. Posso fare qualcosa per impedirlo?

In qualità di persona offesa, in questi casi, è possibile opporsi alla richiesta di archiviazione, chiedendo al giudice di disporre la prosecuzione delle indagini e l’acquisizione di ulteriori elementi di prova. All’esito dell’indagini suppletive eventualmente disposte, il giudice potrà quindi ordinare al P.m. di formulare l’imputazione, in modo che il querelato sia sottoposto a giudizio. Oltre ad aver impedito l’archiviazione nei confronti del querelato, con l’opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa ha la possibilità di provocare il rinvio a giudizio e, conseguentemente, la possibilità di far valere le proprie richieste risarcitorie e restitutorie nell’ambito del processo penale, anziché in sede civile. Attenzione però: l’opposizione alla richiesta di archiviazione deve essere presentata entro brevi termini (dieci, venti o trenta giorni, a seconda dei casi). Occorre quindi agire tempestivamente.

Reclamo avverso il provvedimento di archiviazione

Ho presentato denuncia o querela e, dopo qualche tempo, mi è stato notificato un provvedimento con cui il giudice ha disposto l’archiviazione: posso ancora oppormi o impedire che il fatto resti impunto?

Fino a pochi anni fa la risposta era un secco no. Tuttavia, con la riforma introdotta dalla Legge n. 103 del 2017 (riforma Orlando) il legislatore ha posto rimedio all’eventualità in cui l’archiviazione sia disposta senza alcun avviso alla persona offesa che avesse diritto ad esserne informata per proporre opposizione. In questi, come in altri casi, è ora possibile proporre reclamo al Tribunale contro il decreto o l’ordinanza di archiviazione. Anche in questo caso, tuttavia, è necessario attivarsi celermente: il reclamo deve infatti essere proposto nel breve termine di 15 giorni dalla conoscenza del provvedimento che dispone l’archiviazione.

Poteri “sollecitatori” della persona offesa

Infine, nell’ordinamento processuale italiano la persona offesa vanta alcuni rilevanti poteri sollecitatori che consentono di incidere sulle varie decisioni del giudice dinanzi al quale pende il procedimento penale. Ai sensi dell’art. 90 comma 1 c.p.p., la persona offesa può infatti presentare memorie ed indicare elementi di prova in ogni stato e grado del procedimento (con esclusione del giudizio di Cassazione).

Una particolare ipotesi in cui si manifestano questi poteri è data ad esempio dalla possibilità di chiedere al Pubblico Ministero di promuovere il c.d. incidente probatorio, ossia una sotto-fase del procedimento finalizzata ad assumere tempestivamente le prove necessarie alla ricostruzione del fatto (come una perizia su cose soggette a modificazione o la testimonianza di un soggetto in età avanzata), la cui acquisizione rischia di divenire impossibile nel futuro sviluppo dell’iter processuale.

Qualora all’esito del giudizio di primo grado l’imputato sia stato assolto oppure sia stato condannato per un reato diverso o con pena lieve, la persona offesa, anche se non è mai intervenuta nel procedimento e non si è costituita parte civile, può sollecitare l’impugnazione da parte del Pubblico Ministero.

Ciò è possibile con la presentazione, tramite il proprio difensore di fiducia, di una specifica istanza alla Procura della Repubblica in cui si sollecita l’appello della parte pubblica avverso la sentenza di primo grado, sia di assoluzione che di condanna.